Plotino. Le virtù (I 2[19]). Traduzione, testo greco, introduzione e commento di G. Catapano. Prefazione di John M. Rist, Plus, Pisa 2006.
Il trattato 19 di Plotino, mai commentato sistematicamente prima d’ora, deve la sua fortuna alla dottrina dei gradi di virtù, che rappresenta il principale contributo del neoplatonismo al pensiero morale: prudenza, fortezza, temperanza e giustizia possono essere possedute e praticate a livelli diversi, da quello inferiore della vita civile a quello superiore della contemplazione filosofica. Con questa semplice ma geniale distinzione gerarchica, Plotino risolveva l’apparente contraddizione in Platone tra la prospettiva politica della Repubblica e quella ascetica del Fedone, e preparava uno schema destinato ad avere un enorme successo nell’etica tardo-antica e medievale. Ma dal suo punto di vista l’assimilazione al divino mediante le virtù era solo un caso particolare di un problema metafisico cruciale: il rapporto tra gli oggetti empirici e le Forme ideali. La riflessione sulle virtù si basa così, implicitamente, sui fondamenti stessi della riformulazione plotiniana del platonismo, memore delle aporie del Parmenide e delle obiezioni di Aristotele.